Femminismo dai parrucchieri? Lotte inutili. (SECONDO ME)

Da donna posso dire che amo le donne. E da donna posso dire anche che amo gli uomini.

Femminista non significa ” Sono una donna, ma”. A parer mio puoi considerarti un’attivista del femminismo,  senza però ignorare che la lotta femminista è nata per l’eguaglianza sociale, politica ed economica del sesso femmine e quello maschile.

Uguaglianza, né più né meno. Perchè? Perchè diversi, se non quasi tutti, i maschi  delle culture e società da che antropologicamente si possono dire tali, hanno sottovalutato il genere femminile affidandosi  il potere decisionale, non consentendo alle donne di crescere, di avere un’istruzione, prendere decisioni finanziarie, controllare le proprie ovaie (!!!!!!) e possedere proprietà. Perchè alla base di tutto questo penso ci sia la proprietà. In primis noi donne non abbiamo sempre avuto il fisico per cacciare, il nostro fisico allora, secondo gli uomini, serviva per creare prole e quindi nuovi lavoratori.

” Speriamo nasca maschio, che femmina poi la dobbiamo regalare ad un maschio ”

L’arte nelle società, occidentali ed orientali e non solo,  ci ha detto come essere belle,  come fare le volgari facili nel frattempo essere madri, spose. Addirittura ci hanno detto quale fosse il fisico che più li arrapasse. (non voglio che sembri una sinossi bruttissima di tutta l’arte che ha raffigurato la donna, ma questo esempio mi serve per un paragone)

Prima gli scultori ora i mass media. Ecco fatto il paragone.

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“Non importa […] che le donne possano sviluppare l’arte del narrare e il potere di pianificare, che esse possano scolpire il marmo oltre che disegnare. Ciò che importa è se esse siano riconosciute dotate di un intelletto da sviluppare, che siano considerate complete come esseri umani, se anche fossero solo governate dall’affetto e dall’abitudine”.

E qui mi inchino a Margaret Fuller. Ma di lei, appena ne so un po’ di più, ne scriverò.

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Premetto che la Danimarca è uno dei miei paesi preferiti. Proprio per quanto ha fatto per la condizione delle donne e non solo. Secondo il GII è alla 5° posizione su 152 paesi. Not bad.

E quindi dopo aver appurato che da donna non DEVO essere d’accordo con tutte le donne perchè sono uguale ad un uomo, che non è costretto ad essere d’accordo con ”quelli del suo genere”. Lo scrivo perchè ogni tanto mi sembra di sentire delle assurdità. Sei donna? Se una ti tira un pugno o siete belle da vedere perchè fa sesso oppure dovete fare pace perchè siete donne.

Mi arrabbio tanto appena il maschio di turno mi chiede ”Eh, ma dove è finita la solidarietà femminile?” mentre stai scoprendo che da una lamentela giunta fino alle Commissioni delle Pari Opportunità, nei saloni dei parrucchieri danesi, le autorità abbiano prefissato un prezzo uguale agli uomini per le acconciature delle donne. 

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U G U A L E ? Ma io dico, facendo così potrebbe succedere che una parrucchier(A )qualsiasi si ritenga sottopagat(A) in quanto per acconciare una donna ( con me ci mettono sempre un sacco di tempo a causa delle mie banali indecisioni, ma non ho mai trovato un parrucchiere poco disponibile, anzi ) deve impiegare almeno tre quarti d’ora in più rispetto ad un barbiere o alla sua collega che sta lavorando con un ragazzo. E poi che si fa? Si decide che lo stipendio lo si dimezza solo al parrucchiere maschio? Ma perchè?! Non ha alcun senso. Un parrucchiere lavora e i capelli lunghi hanno bisogno di più attenzione e più tempo. Facile poi denunciarli alle autorità. Il discorso vale che sotto ci sia una utero o dei testicoli.

E’ una notizia abbastanza vecchia quanto irritante.  Ricordiamoci che un uomo con i capelli lunghi, avrebbe pagato tanto quanto una donna che li porta come lui.

Ma perchè le lotte degenerano nel fanatismo?

 

 

 

E se diventassimo tutti vegani?

Sono stata vegetariana per qualche mese e devo dire di non aver fatto nessuna fatica ero spinta dall’idea un pò stupida di salvare delle mucche valdostane.

Eravamo a La Thuile, le valli erano verdi e c’era qualche mucca al pascolo, erano bellissime ed io emozionata ho annunciato che non avrei mai più mangiato carne. Nemmeno il latte e il pesce. Qualche ora dopo ho mangiato uno yogurt e al ristorante mi sono scontrata con la scelta del primo piatto difatti non c’è molto pesce in alta montagna.

Quindi ho preso un insalata, ma nell’insalata c’era del tonno, che ho mangiato. Per i quattro mesi successivi non ho toccato salumi, bistecche, pollo e carpacci se non di pesce. Poi come capita con la maggior parte dei vizi, dopo il primo chicken nuggets, sono tornata alla mia alimentazione abituale.

Durante quel periodo non ho né approfondito né sviluppato alcuna visione scientifica della cosa. Mi è capitato di guardare un documentario su netflix e forse da allora covo l’idea di capirne un pò di più.

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Cowspiracy ( cow: mucca – consiparcy: congiuria ) è un documentario ecologista,  risultato di una coraggiosa ricerca di Kip Andersen e Keegan Kuhn che vuole far luce su un problema enorme di cui anche le istituzioni, di alto livello come Fao e Nasa, sembrano non sottolineare la gravità. Il rapporto delle Nazioni Unite del 2010 a favore di diete prive di carne e latticini afferma che i prodotti animali rappresentano il 70% del consumo globale di acqua dolce, il 38% dell’uso totale del suolo e il 19% di tutte le emissioni di carbonio dell’umanità. La soluzione: migliorare l’efficienza nella produzione agricola al fine di controbilanciare il flusso in arrivo di un numero ancora maggiore di persone che affollano la Terra, e, farlo eliminando le nostre diete a base di carne per quelle che favoriscono le piante. Quindi? Produrre, cereali, frutta, ecc.

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E’ davvero sconvolgente guardare Cowspiracy e ricordo che il mio primo pensiero è stato ” bene, c’è da non mangiare più hamburger ”. In questo modo nessuna foresta vergine dovrà essere rasa al suolo, niente più fertilizzanti chimici e perchè no, meno depositi di grasso nel sangue e placche. Ci sarebbero meno casi di diabete e cancro.

”Non mangio più carne” è la frase che ci ripetiamo spinti dallo stupore/paura dopo aver guardato un video sugli allevamenti intensivi su facebook oppure quando a Pasqua non si parla d’altro: MANGIATEVI ALTRO, NON GLI AGNELLINI.

Ma dietro a tutto questo c’è una buona dose di etica. Perchè dietro alla parola etica non c’è solo un esercizio per filosofi o intellettuali.

L’etica è nel centro della vita di tutti, c’è etica ogni volta che pensiamo a come dovremmo agire oppure quando pensiamo a quello che dovrebbe pensare o a come dovrebbe agire chi ci sta intorno. L’etica ci rende umani. Quando siamo razionali, pensiamo, scegliamo. Tutti abbiamo la capacità di fare delle scelte consapevoli – anche se spesso agiamo dall’abitudine o in linea con le opinioni di tutti. Ma questa, credo sia sociologia. E se il senso di colpa può rientrare nel cerchio dell’etica, questo ci permette anche di fare scelte consapevoli e coscienziose, se vogliamo. 

Perciò l’etica ci direbbe che allevare un maiale richiede più risorse rispetto alla coltivazione di una lattuga. Obviously… Ma qua nasce il problema: dieci chili di maiale alimentano molte più persone di dieci kg di lattuga. Dovremmo mangiare più lattuga per sentirci pieni rispetto alla sazietà che regala una braciola. Paul Fischbeck, professore di scienze delle decisioni sociali e ingegneria e politica pubblica alla Carnegie Mellon, ha dichiarato in un comunicato: “Mangiare della lattuga in confronto ad una pancetta è un rischio più grande per le emissioni di gas serra “.

Qualcuno dice pure che la verità stia nel fatto che l’agricoltura sia la cosa più distruttiva che gli esseri umani abbiano fatto al pianeta. Anche l’agricoltura richiede, per forza di cose,  la distruzione totale di interi ecosistemi. La vita non è possibile senza la morte  indipendentemente da ciò che mangi, qualcuno deve morire per darti da mangiare.

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A livello morale crediamo che sia possibile mangiare senza procurare alcuna sofferenza o morte. A livello politico invece, crediamo che se tutti fossimo vegetariani, potremmo nutrire il mondo e allo stesso tempo fermare vari tipi di distruzione ambientale. Dal punto di vista nutrizionale pensiamo che i prodotti animali siano la radice di tutti i mali e portino a malattie cardiache e cancro.

Claudio Bertonatti, naturalista, la spiega così: mentre studiava la natura e osservava la fauna selvatica, notò che nei campi in cui venivano coltivate le colture non erano ammessi uccelli o animali. Come vegetariano, sperava di “prevenire la morte e la sofferenza degli animali”, ma non pensava alle specie selvatiche che stavano scomparendo. “Grano, riso, mais. La maggior parte dei vegani mangia queste cose. Il primo impatto della coltivazione di massa è la deforestazione: costringiamo la natura a lasciare spazio alle colture “.  Il suo punto di vista è semplice: mangiando solo verdure, vegani e vegetariani mettono le verdure sopra la vita animale, ma per sostenere la domanda di raccolti, i proprietari terrieri devono cacciare la fauna selvatica. Per gli animali selvatici, che devono lasciare lo spazio a noi che vogliamo mangiare l’orzo invece di loro, diventa sofferenza e morte. “Se mangi carne, uccidi animali”  “ma li uccidi anche mangiando le piante”.

Un gran bel delirio.

Molte volte ho preferito durante la scelta di uno spuntino, al posto di una bresaola,  la quinoa: una strana piccola pianta, che se accompagnata ad un buon contorno, può essere molto buona. La quinoa però è una pianta che viene scambiata per un grano, ma non lo è. E’  una pianta erbacea della famiglia delle Chenopodiaceae, come la barbabietola. È un’ottima fonte di proteine vegetali, contiene grassi in prevalenza insaturi, è particolarmente adatta per i celiaci.  Un superfood.

Non per i boliviani, perchè la quinoa si trova solo nelle Ande.

In teoria, le esportazioni di questa coltura dovrebbero portare una nuova fonte di reddito alla povera economia boliviana. Sfortunatamente, noi occidentali vegani solo ogni tanto come me, o come altri sempre assetati di sangue (non di sangue animale) non siamo soddisfatti semplicemente integrando il nostro cibo con la quinoa. ”Vogliamo solo lei”. Dobbiamo stravolgere le nostre abitudini alimentari.

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Economicamente parlando, la domanda ha spinto il prezzo così in alto che i poveri popoli boliviani, che si affidavano a questo cibo, non possono più nemmeno permetterselo. In casa loro! Assurdo.

Questo ha causato morte ed estrema povertà. E pensare che sono persone che mangerebbero carne se avessero la scelta, quella che invece abbiamo noi.

Possiamo mangiare carne, ma scegliamo invece di mangiare quinoa.

Noi mangiamo quinoa per evitare di uccidere gli animali, e altri esseri umani che stavano più che bene così,  si mangiano riso e pane bianco, che sono privi di grandi sostanze nutritive, per sopravvivere.

Così, vale la pena di rinunciare alla carne a scapito della salute delle persone? Non so, ma lo sfruttamento di persone in un paese terzo del Sud America non mi sembra molto etico. Ma non ne vengo a capo se penso alle mucche al pascolo a La Thuile.

 

La vita é ingiusta?

Mi capita spesso di sentire qualcuno dire che la vita é ingiusta. E l’ho pensato anche io che lo fosse, presa da uno sconforto in particolare o travolta da una sensazione di impotenza generale.

Pensandoci bene credo che sia importante capire cosa sia l’ingiustizia e quindi devo fare una distinzione tra giusto e sbagliato. Giusta é un azione compiuta da un essere umano, corretto é un procedimento matematico…lo stesso procedimento può essere svolto nella maniera sbagliata e una persona può decidere di fare una cosa ingiusta nei confronti di qualcuno.

Ma la vita di per sé é qualcosa di giusto. Un susseguirsi naturale di eventi ed emozioni, alcune volte estremamente sfortunati accompagnati da emozioni sul fondo della sofferenza.

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Credo sia ingiusto pensare che la vita sia ingiusta, penso invece che sia un occasione certe volte un occasione di merda, ma comunque una possibilità.

Però poi mi viene in mente che un bambino che muore per una malattia grave ed incurabile, dalla vita non ha ricevuto alcuna possibilità.

Quella di vivere, direbbe qualcuno. Di vivere la sofferenza? Non lo so se riesco a pensare che sia comunque la possibilità di vivere qualcosa, come se tra tristezza e felicità non ci fosse nessuna differenza perché entrambe sono l’opportunità di vivere e sentire qualcosa.

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La vita é ingiusta? Non per tutti, che detta così sembra un gioco al massacro.